L'ACQUEDOTTO DEL NOTTOLINI

Quello che comunemente viene definito acquedotto del Nottolini, è in realtà una mirabile opera composta di due parti: le opere di captazione alle sorgenti, definite correntemente Parole d’Oro, e le arcate per il trasporto dell’acqua dai monti di Guamo alla città definite comunemente Le Fontane.

Fin dal 1732 la città di Lucca sentiva la necessità di approvvigionarsi con “acqua buona”, ma è solamente con un decreto del 7 Ottobre 1822 della Duchessa Maria Luisa di Borbone reggente della città, che si dettero inizio ai lavori.

La spesa preventivata era di poco superiore a 712.000 lire e per il finanziamento dell’opera fu previsto il prelievo del 5% sulle vincite delle lotterie, del 3% dagli stipendi degli impiegati con reddito superiore a duemila lire annue e del 6% sui redditi superiori a tremila lire annui oltre a soprattasse sui passaporti e sui permessi di caccia, un dazio sui generi alimentari provenienti dall’estero, una nuova tassa sulle fiere (per i mestieranti ed artisti); inoltre, le imposte che fino ad allora erano destinate alla costruzione dell’archivio venivano confermate con destinazione acquedotto insieme a novemila lire annue da sempre destinate all’abbellimento della città.

Il progetto originale era composto da tre parti:
  • La prima formata da 46 arcate per una lunghezza di 186 ml., doveva attraversare la tagliata dal Bastione San Colombano all’attuale “tempietto” e data la vicinanza alle Mura sarebbero stati particolarmente curati e decorati con fregi in marmo di San Lorenzo a Vaccoli.

  • un tratto di 550 archi lungo circa 3200 ml. (corrispondente indicativamente all’attuale monumento) alto mediamente quasi 7 metri, che andava dalle tagliate alle pendici dei monti di Guamo. Questo tratto sarebbe stato realizzato in muratura ordinaria ed ogni pilastri abbellito nei suoi angoli con pietra di Guamo scalpellinata.

  • L’ultima parte, dalle pendici alle polle per una lunghezza di 185 ml ca. costituita da un semplice muraglione atto a contenere le condotte.

Probabilmente già allora qualcosa non quadrava alla Duchessa perché, mentre in Gonfaloniere dava il via alla gara per l’aggiudicazione dei lavori, Maria Luisa dava incarico all’architetto Lorenzo Nottolini “Regio Architetto della Casa e Corte”, di fare proprie proposte.

Nella nota/preventivo presentata alla Duchessa il Nottolini propose d’iniziare l’acquedotto dalle tagliate (per una lunghezza di 3.200 ml. ca., eliminando il tratto degli spalti e di portare l’altezza degli archi a ca. 10 ml ampliandone la sezione.

Dopo l’espletamento di una nuova gara (l’aggiudicatario della prima non aveva presentato la dovuta cauzione nei tempi previsti) i lavori furono aggiudicati all’impresa di Giuseppe Giannelli e l’11 Dicembre 1822 venne ordinato l’inizio dei lavori.

Alla morte di Maria Luisa (13 Marzo 1824) la reggenza passò al figlio Carlo Lodovico che un mese dopo sospese i lavori per riprenderli l’11 Marzo successivo dopo alcune modifiche progettuali tra cui l’altezza degli archi che venne portata a poco più di 13 ml per far sì che l’acqua giungesse al secondo piano del Palazzo Ducale.

I lavori proseguirono con una certa celerità e con alcune varianti strutturali quali l’eliminazione della palificazione di pino sotto alcuni plinti di fondazione dei pilastri e la realizzazione di un contrafforte ogni 17 archi per interrompere la monotonia e aumentarne la stabilità.

Il 17 Giugno 1828 il Nottolini presenta il progetto per la realizzazione del condotto sotterraneo tra la serra vespaiata (alla confluenza dei Rii S.Quirico e Valle) e i tempietto di Guamo per una spesa prevista di ca. 24.000 lire; e pochi giorni dopo anche quello del condotto forzato che dal tempietto di San Concordio, attraversando la tagliata, il Baluardo S.Colombano e il cortile dell’Arcivescovato, giunge fino in Piazza S.Martino, per una spesa oltre 40.000 lire; progetti approvati da Carlo Lodovico il 9 Agosto 1829.

Dopo l’espletamento della gara i lavori a monte furono aggiudicati: la serra vespaiata per lire 8.480 all’impresa Antonio Masini e il condotto di collegamento dalla serra al tempietto, per lire 18.770, all’impresa Domenico Ricci.

Il successivo 8 Novembre sono approvati i progetti per i lavori mancanti: ultimazione dei tempietti per poco più di 40.000 lire; il condotto im muratura tra le Tagliate e il Bastione San Colombano, con i relativi tubi in ferro, per circa 45.000 lire; il condotto in tubi di ferro tra il baluardo e Piazza San Martino per circa 40.000 lire.

Tali lavori saranno agiudicati il 18 Dicembre alle imprese Ferdinando Dini (tratto delle Tagliate) e Domenico Ricci (gli altri due tratti).

L’11 Giugno 1831 il Nottolini fa immettere l’acqua nel condotto fino alle Tagliate e pochi giorni dopo, visto l’esito positivo, comunicherà al Gonfaloniere che la portata è di 1.200 barili giornalieri.

Dopo varie modifiche, riparazione di vecchi condotti di captazione e la costruzione di una chiavica fra Piazza S.Martinio e via del Molinetto, nel giugno del 1932 i lavori sono terminati e si ha l’inaugurazione dell’opera.

Ben presto però si verificheranno problemi di intorbidimento delle acque che per alterne vicende si protrarranno nel tempo.


Dettagli tecnici:

L’acquedotto è formato da 484 archi del diametro di ca. 5 ml. (tutte le misure sono indicative) ; 455 pilastri lunghi 1,7 ml e larghi 2; 28 pilastri contraffortati (uno ogni 17 archi) lunghi 3 ml. e larghi 2,4 ml; per un totale di circa 3260 metri lineari.

Sul ponticello all’imbocco della serra vespasiata ‘ riportata una scritta, incisa nella pietra, con la seguente dicitura:
KAR LVD BORB I H DUX N AVG ACVIS E PLVRIBVS FONTIVM ORIBVS COLLIGENDIS AD VRBANOS FONTES LARGIVS PERDVCEDIS MONVMENTO AETERNO PROVIDIT DVCATVS SVI ANNO VI

Tale scritta era in oro e da questo trae origine il noto nome di “Parole d’Oro”.

Altra scritta, in lettere d’ottone a rilievo (vedere foto 03 della sezione “le fontane – andata”), è riportata invece sul frontespizio del tempietto di S.Concordio:
MARIAE ALOYSIAE BORBONIAE / LUCENSIUM DUCIS MEMORIA DECUSQUE PERENNIS QUOD CIVIUM INCOLUMITATI INSTAURANDAE / DE ACQUARUM DUCTU SOLLICITA OPUS DECREVIT INCAEPIT HEU FATA TERRIS RAPUERE / CAROLUS LUDOVICUS MATERNAE VIRTUTIS ET BORBONIDUM MUNIFICENTIAE HAERES LOCUPLETISSIMUS / CGCC SESTERT MILLIBUS CONSTITUTIS TANTAE MOLIS FATIGIUM FELICITER ABSOLVIT / CIVIBUS UNIVERSIS PLAUDENTIBUS ACTUM ANNO REP SAL CIDDCCCXXXII / NICOLAO GIORGINIO CIVITATIS PRAEFECTO CURANTE LAURENTIO NOTTOLINIO ARCHITECTO

Le sorgenti delle quali attualmente si utilizza l’acqua sono 12.

La serra vespaiata, che aveva funzione di depurazione delle acque, era formata da:
  • uno strato di rena metà di fiume e metà del Rio Guappero
  • uno strato di carbone di cerro
  • uno strato di ghiaia di fiume depurata dalla rena
  • uno strato di sasso grosso di cava
  • uno strato di scaglia di pietra di cava
  • argilla per stuccare
  • getto di scogli di fronte alla serra

Nonostante l’incuria e il tempo trascorso tutto l’insieme è ancora in buono stato di conservazione, a riprova della maestria di costruzione e della buona qualità dei materiali utilizzati.

Per una completa documentazione: Claudio Salvetti – L’acquedotto di Lorenzo Nottolini – Maria Pacini Fazzi editore – ISBN 88-7246-617-2